Qual è il mio posto nel mondo? Cosa farò da grande? Che futuro immagino?
«Sono domande importanti e profonde – ci spiega la filosofa, fotografa e formatrice Alle Bonicalzi – lo sono soprattutto quando si ha a che fare con l’adolescenza e ancor di più quando questa ha a che fare con l’inaccessibilità a ciò che la maggior parte di noi chiama ‘normalità’.» L’articolo sul Giornale di Olgiate.
Le immagini e le parole accolte in questa pagina sono frutto del lavoro delle e degli adolescenti del L@bYoung – il laboratorio inclusivo dell’associazione Diversamente Genitori di Villa Guardia (gratuito, aperto a tutti e tutte).
In particolare sono il frutto del per-corso fotografico AITO (che sta per Attraverso I Tuoi Occhi) fatto insieme ad Alle Bonicalzi quest’anno in cui, tra mille colori e molte sperimentazioni, si è provato a dire la propria sullo stare insieme nella diversità e anche, talvolta, nella difficoltà. E sul metterci non solo la faccia, ma il proprio sguardo!
Non so quale sia il mio posto nel mondo, ma di sicuro l’ho prenotato. O almeno credo. Conosco ogni luogo in cui dovrei essere, l’ora in cui dovrei essere, programmando le vie da seguire per giungere in quel luogo al momento di quel luogo. Eppure, se mi chiedi quale sia il mio posto nel mondo, una risposta non la conosco. Non credo le persone abbiano un posto in cui dovrebbero o potrebbero trovarsi. Credo, piuttosto, che le sensazioni trasmesse dal luogo attribuiscano l’aggettivo “mio”. Non ho un posto nel mondo, ma sento di essere nel mio posto quando sono accanto alle persone che amo, quando scrivo, quando visito una città nuova. I miei posti nel mondo sono tutti e sono nessuno. Laretta, 17 anni
A MODO MIO: PENSIERI, PAROLE E SGUARDI DI ADOLESCENTI SPLENDENTI
«Non so quale sia il mio posto nel mondo, ma di sicuro l’ho prenotato.» È perentoria Laretta, nel suo acume poetico.
«Il mondo che vorrei io – dice Diego che sul tema ha composto anche un pezzo rap – è più tranquillo, con meno confusione un mondo dove le persone mi capiscono di più.»
«Un mondo – aggiunge Rick – che va piano, con un ritmo più lento cosicché si possa avere più tempo per fare le cose bene!»
Beatrice non parla, ma noi la conosciamo bene e sappiamo che è molto d’accordo; non a caso lei ama nuotare a lungo, anche sott’acqua!
Nico invece la pensa diversamente… neanche lui si esprime a parole, ma ama molto i suoni e ha un vocione possente quasi quanto il suo braccio destro nel lanciare palle a destra e a manca: lui adora le capane (e i cani) che nel suo mondo non dovrebbero mancare! Come i treni nel mondo di Ivan, del resto; o i tappeti elastici in quello di Plumi.
Al L@bYoung si sperimentano modi nuovi di stare insieme tra persone davvero molto diverse tra loro, sebbene contraddistinte dall’essere in adolescenza. Ci si interroga anche sul significato profondo di inclusione e su possibili alternative.
«Il termine ‘inclusione’ è scivoloso – avverte Bonicalzi – perché implica che ci sia un ‘dentro’ che ingloba ciò che viene da ‘altrove’ e che l’intero primigenio sia meglio/giusto rispetto al’estraneo/alieno. Meglio sarebbe usare il termine ‘accoglienza delle differenze‘ proposto da Fabrizio Acanfora, esperto e divulgatore della materia.»
«Il mondo che vorrei io sarebbe arcobaleno» dichiara Marghe, capace di immaginare e disegnare universi pieni di animali bizzarri e colori fluorescenti in cui lei stessa diventa un unicorno o un grifone.
«Un mondo con tanti amici e amiche» ricorda Giulia con la sua consueta schiettezza, «ove poter socializzare con le persone amate e abitare con chi vuoi tu» aggiunge Chiara, determinata.
Frequentare liberamente il mondo, far parte della collettività, avere voce in capitolo, anzitutto sulla propria vita e sul proprio futuro è un tema tosto per qualsiasi adolescente… ma per chi non è riconosciuto o riconosciuta conforme alla ‘normalità’, lo è ancor di più! E che si tratti di disabilità, neurodivergenze, malattie rare o semplici ‘bisogni speciali’ (chi non ne ha?), poco cambia: la vertigine del futuro può essere spaventosa, soprattutto per le famiglie.
«Le malattie rare non sono simpatiche, sono cattive» scrive Chia su un foglio abbellito da preziosi sticker. «Ciascuno e ciascuna di noi combatte il proprio drago, ma chi ha una malattia rara combatte un drago più forte» ci racconta, citando un libro che ha molto amato. «Il mondo vede queste persone diverse ma io non sono d’accordo… diverse da chi?! Io non le vedo diverse da me.»
O, per dirla con le parole di Giulia, a corredo di un suo bellissimo disegno a tempera:
«siamo tutte e tutti diversi, tutte e tutti rari!»
NUOVE PAROLE PER TRASFORMARE IL MONDO
«È importante recepire come sia cambiata la definizione di disabilità dal secolo scorso ad oggi – ricorda Alle Bonicalzi. – Un tempo era descritta come menomazione e, sostanzialmente, un difetto della persona (non a caso definita portatrice di handicap), mentre oggi si parla anzitutto di ‘persona con disabilità’ (e non ‘disabile’ – è la differenza tra il linguaggio cosiddetto person first e quello identity first), definendo quest’ultima – la disabilità – come una barriera socio-ambientale: un problema di collettività e ‘inclusione’, quindi, non personale ed escludente. Fino a giungere alla consapevolezza che ciascuno e ciascuna di noi, esattamente per come è, possa essere risorsa e non peso per gli altri e le altre.»
«Il mondo che vorrei io – afferma decisa pur nella timidezza Cheyenne – è un mondo accogliente, ove essere se stessi o se stesse senza giudizio.» Kai annuisce senza aggiungere altro, ma noi sappiamo quanto sia d’accordo. «Un mondo molto meno noioso e monotono di quello che ci circonda» rincara Alessandro con sguardo sornione.
Ed è Arianna a regalarci una metafora potente. «A volte mi sento come un uncinetto» dichiara sorprendentemente. «A me piace vedere il mondo come un insieme di fili: fili diversi, fili intrecciati tra loro a formare pure un arcobaleno. Il mio posto nel mondo lo vedo così: un semplice uncinetto che aiuti a stringere i fili come fossero legami.»
Non a caso, con gran gioia di Artem futuro paesaggista ed esperto di piante, il motto del L@bYoung è Siamo fiori diversi nello stesso giardino. È nato insieme alla mostra fotografica dell’anno scorso ma ha accompagnato le sperimentazioni fotografiche delle e degli adolescenti dell’associazione Diversamente Genitori anche per tutto quest’anno.
LA CREATIVITÀ COME RISORSA
«In fondo – conclude Alle – la fotografia è davvero un linguaggio: con una sua grammatica e una sintassi possibile. Imparare a maneggiarne le componenti aiuta a dare corpo e luce a idee, pensieri e progetti. Imparare a ‘scrivere con la luce’ (questo il significato letterale della parola foto-grafia) aiuta a darsi voce. In maniera nuova.» Con l’augurio, per tutti e tutte noi, che questo mo(n)do nuovo sia aperto non solo o non tanto all’inclusione, bensì alla convivenza delle differenze!
Perché se è vero che «Il mio posto nel mondo è quello che devo ancora capire: che mi fa capire il futuro e che è determinato dal passato che non esiste» come asserisce Manuel, tra il serio e il faceto, è pur vero anche che «il mio posto nel mondo cambia e non smette mai di passare. Il mondo che vorrei è già ciò che prima non era e che mai potrà vedersi tutto», come ci ricorda Rick citando (forse) Eraclito.
Ché al L@bYoung non ci sono solo fotografi e fotografe, ma anche chi è poeta, chi disegnatore o disegnatrice, chi artefice o musicista e, ultimamente, chi – come Chiaretta o Federico – ha il coraggio di provare a salire su un palcoscenico e prendersi spazio, prima ancora che parola!
Per saperne di più e per seguire le avventure del L@bYoung, ma anche per partecipare (se hai tra i 13 e i 19 anni) visita il sito dell’associazione: www.diversamentegenitori.it