Abbiamo l’opportunità – attraverso l’iniziativa #viviconimalatirari – di portare a tutti e tutte un messaggio per sensibilizzare la comunità e le istituzioni su un tema che ci riguarda da vicino, quello delle difficoltà legate a una condizione di disabilità, dovuta ad una malattia rara o ad altra patologia. Un messaggio per arrivare dritto a voi che avete accolto questa richiesta, per cercare di spiegare come la vita di una famiglia possa cambiare in maniera prepotente quando si è colpiti dalla disabilità.
In cammino: dal dubbio alla diagnosi
In genere è nei primi mesi di vita del bambino che emergono le prime difficoltà dello sviluppo, comincia un periodo di accertamenti medici, inizia il cammino verso la diagnosi. Un periodo pieno di attese e preoccupazioni in cui nelle famiglie avvengono i primi cambiamenti, il senso di solitudine prende il sopravvento perché spesso in questa nuova realtà in cui si viene catapultati non si sa a chi rivolgersi, a chi affidarsi per gestire una situazione e un periodo di forte cambiamento. C’è bisogno di una guida, c’è bisogno di continuità e collaborazione tra le figure che gravitano attorno a un bambino o a una bambina che comincia a presentare le prime difficoltà, e la prima figura, importantissima è il o la pediatra. Perché solo dopo si arriva ai terapisti, assistenti sociali, istituzioni. La fase iniziale è il momento di maggiore destabilizzazione per una famiglia. I problemi del prima svaniscono, per lasciare posto a quelli più seri legati alla salute. La prospettiva del futuro cambia.
Una prospettiva totalmente nuova
Le nostre giornate saranno scandite dalle terapie che rappresentano per i nostri figli e figlie l’unica possibilità di miglioramento della propria condizione. Sin da piccoli imparano che per ottenere ciò che per gli altri è semplice, dovranno faticare in più e con loro noi genitori, sempre alla ricerca di nuove soluzioni che possano aiutarli a sviluppare maggiori competenze.
La vita quella di prima non esiste più. Le speranze si concentrano sulla diagnosi: per alcuni non arriverà mai, per molti non cambierà nulla, i nostri figli non potranno comunque guarire! La paura, l’incertezza del futuro, condizionano le nostre giornate ed il cambiamento avviene prima in noi adulti, nelle nostre abitudini e nella relazione con gli altri e siamo noi per primi a non sapere più come presentare i nostri figli e figlie al mondo.
A volte la disabilità spaventa, imbarazza, non si sa come gestire un momento, come colmare la distanza dettata dalla diversità.
Eppure un modo ci deve essere per sentirsi parte di una comunità seppur diversi.
Inclusione: un sogno possibile
Se tu, che stasera ascolti il nostro messaggio, guardassi mio figlio come se fosse il tuo: così facendo vedresti l’amore nei sorrisi e nei gesti semplici che tanto sanno comunicare; spereresti che in quel cammino che è la crescita, lui potrà incontrare persone capaci di guardarlo con gli occhi di una madre e di un padre; e che lungo quel cammino potrà trovare tanti amici disposti a tenere – ogni tanto – il suo passo, il suo ritmo, per sentirsi più vicini, per arricchirsi a vicenda.
Perché se cosi fosse, se questo sogno si potesse avverare, si potrebbe veramente percepire l’inclusione.
Noi stasera sappiamo che sarà cosi.
Siamo qui, voi avete accolto il nostro appello.
Ciò vuol dire che questo sogno comincia davvero ad avverarsi.
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Tra i nostri interventi, il convegno L’integrazione socio-sanitaria nelle malattie rare: tanti attori per un unico obiettivo in programma sabato 2 marzo alle ore 14 a Como a Villa Olmo (Via Simone Cantoni 1 – Salone d’Onore).